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Cinquant’anni inquieti: i grandi terremoti dell’Appennino umbro-marchigiano nella seconda metà del Settecento

Tra il 1741 e il 1799 l’Appennino umbro-marchigiano visse uno dei periodi sismici più severi della sua storia documentata. In mezzo secolo almeno cinque eventi superarono la magnitudo 6, scandendo una “stagione” di danneggiamenti ripetuti che colpirono più volte gli stessi paesi. Le fonti storiche e gli studi classici (Monachesi et al., 1987) ci permettono di ricostruire una cronaca sorprendentemente nitida: cambia il calendario, ma i toponimi tornano—Fabriano, Gualdo Tadino, Nocera Umbra, Camerino, Cagli—come in un triste ritornello.

24 aprile 1741 – Mw 6.2
Il cosiddetto “terremoto fabrianese” produsse i maggiori effetti fra Serralta/Serrasanquirico e Fabriano, ma l’area di danneggiamento fu larghissima: da Pesaro e Urbino a Gubbio e Perugia, fino a Macerata e Fermo. Le cronache riportano risentimenti fino a Roma e, verso nord, Udine. È insolito il silenzio sulle repliche importanti: probabilmente ci furono scosse di assestamento, ma le testimonianze non le descrivono con precisione.

17 aprile 1747 – Mw 6.0
Un nuovo colpo, in un’ampia fascia tra Nocera Umbra e Senigallia. Crolli e gravi danni nella diocesi di Nocera Umbra e nel Fabrianese (Nocera Umbra, Gualdo Tadino, Sigillo, Belvedere, Campodonico, Fabriano). Scosse quotidiane per circa un mese, poi una tregua relativa fino a settembre, quando tornano danni nel Fabrianese (20 e 22/09). Avvertito anche ad Ancona, Fermo, Senigallia e Roma; si conta almeno una vittima a Belvedere. Il quadro fu aggravato dal fatto che molti edifici erano già lesionati dal 1741.

27 luglio 1751 – Mw 6.4
L’evento più energetico della serie di metà secolo. Una crisi che inizia a marzo 1751 e—forse—si trascina fino al luglio 1752. Danni estesi da Città di Castello, Perugia, Assisi, Terni (lato umbro) a Cagli, Fabriano, Matelica, Montefano (lato marchigiano). Massimo danneggiamento nei villaggi a sud di Gualdo Tadino (Broccara/Bròcchero, Busche, Voltole, ecc.): la maggior parte delle case atterrata, il resto inagibile. Risentimenti segnalati da Arezzo a Roma, passando per Forlì e Ancona. Anche qui pesa la vulnerabilità accumulata dopo 1741 e 1747.

3 giugno 1781 – Mw 6.5
Un forte terremoto a doppio impulso: due scosse potentissime a circa 10 minuti l’una dall’altra. Massimi effetti tra Piobbico e Cagli; tra Gubbio e Fabriano gli effetti risultano VI–VII MCS, quindi importanti ma relativamente minori rispetto al cuore dell’area. Il risentimento coinvolge gran parte della Toscana (da Firenze a Monte Oliveto Maggiore) e la Romagna (fino a Ravenna). È l’episodio energeticamente più vicino ai grandi terremoti appenninici “classici”.

28 luglio 1799 – Mw 6.2
Danni gravissimi a Camerino (almeno 60 morti), Castelraimondo e San Ginesio (4–5 morti), Sarnano (6 morti), San Severino Marche, Tolentino, Belforte del Chienti e Fabriano. L’evento chiude simbolicamente il secolo sismico in una fascia pedemontana maceratese già provata, mentre l’Italia centrale è travolta da tumulti politici (la Repubblica Romana, le Insorgenze, gli eserciti stranieri). La terra che trema in mezzo alla storia che corre.
In sintesi: stessa dorsale, segmenti di faglia vicini, intervalli di pochi decenni, vulnerabilità crescente. È la ricetta per danni severi ripetuti nel tempo, soprattutto in un’edilizia pre-antisismica.

Crisi sismica 1750 Umbria-Marche

 
Come si stima la magnitudo dei terremoti “prima dei sismografi”
Quando leggiamo Mw 6.2 nel 1741 o Mw 6.5 nel 1781, non stiamo consultando strumenti che non esistevano ancora: stiamo ricostruendo. Ecco, in modo chiaro, come si fa.
 
Raccolta delle fonti storiche
Si spulciano archivi, cronache parrocchiali e comunali, lettere, giornali, perizie murarie, registri confraternali. Da quei testi si estrae cosa è successo dove e con quale intensità degli effetti (crolli, lesioni, spostamenti d’arredo, suoni, frane, sorgenti alterate, ecc.).

 
Assegnazione dell’intensità macrosismica
A ogni località si attribuisce un grado di intensità secondo scale standardizzate—per l’Italia storica soprattutto MCS (Mercalli-Cancani-Sieberg) e, negli studi recenti, EMS-98.
Esempi rapidi: VI = danni leggeri e diffusi; VII–VIII = danni gravi/crolli parziali; IX+ = crolli estesi.

 
Disegno dei campi di isosisme
Mappando le intensità si tracciano le isolinee (isosisme): aree con lo stesso grado. La forma e l’estensione del campo di intensità ci dicono molto su profondità, meccanismo e dimensione dell’evento.

 
Modelli di attenuazione
Le intensità decadono con la distanza dall’epicentro. Applicando leggi di attenuazione (tarate su migliaia di casi strumentali moderni) si stima il momento sismico compatibile con il campo osservato. È un problema inverso: cerchi l’evento che “spiega” meglio la geografia dei danni.

 
Conversione in magnitudo
Dal momento sismico si ricava Mw (Magnitudo Momento). In alternativa, alcuni cataloghi storici usano ML, Ms o M equivalente e poi convertono a Mw con relazioni empiriche calibrate per l’Appennino.

 
Incertezze dichiarate (±0.2–0.3)
Ogni stima porta barre d’errore: lacune documentali, toponimi scomparsi, qualità edilizia disomogenea, amplificazioni locali. Per questo, nei cataloghi storici seri, vedi spesso Mw 6.2 ± 0.3.

 
Traduzione pratica
La magnitudo storica non è “inventata”, ma ricostruita con metodi quantitativi su dati di danno; è meno “affilata” di una misura strumentale, ma affidabile entro margini chiari quando la documentazione è ricca, aspetto che, per il Settecento centroitaliano, è spesso soddisfatto.
 
Perché quella stagione fu così impattante
• Sorgenti sismogenetiche contigue lungo la dorsale appenninica, in un mosaico di sovrascorrimenti e faglie normali/oblique che condividono stress.

• Intervalli di ricorrenza di alcune decine-centinaia d’anni: cinque Mw≥6 in ~60 anni non sono impossibili su un dominio di più segmenti.

• Vulnerabilità cumulata: edifici in muratura non rinforzata, danni che si sommano (1741 → 1747 → 1751), manutenzioni spesso minime.

• Effetti di sito: conche, crinali, riempimenti alluvionali che amplificano il moto.

 
Fonti e riferimenti essenziali
• Monachesi A., et al. (1987) – Studi macrosismici sui terremoti storici dell’Appennino umbro-marchigiano.

• Cataloghi macrosismici e storici italiani (CFTI, CPTI), schede locali d’archivio e repertori parrocchiali.

• Raccolte documentarie su Camerino e sull’area maceratese di fine Settecento.

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